Tavolo anatomico

Quando torno a casa dal lavoro non ho voglia di vedere nessuno. Non sopporto niente, neanche un piccolo screzio o il più insignificante dei rumori. Dopo una giornata passata al tavolo anatomico penso di aver già ricevuto la mia dose di sofferenza quotidiana. Basta. Voglio solo stare tranquillo, stravaccato davanti alla televisione con una birra in mano.
Per questo mi sono separato. Lei non mi capiva. Appena varcavo la porta di casa mi aggrediva con bollette da pagare, rubinetti che gocciolavano, bambini che non avevano fatto i compiti, mentre io avevo ancora negli occhi i cadaveri che avevo sezionato e nella gola l’odore acro della formaldeide.
A un certo punto è arrivata la rottura e ognuno se n’è andato per la sua strada. In tanti anni non mi è mai mancata. Sto bene così. Quando voglio una donna, la pago. Senza complicazioni sentimentali e altre stronzate di questo genere. Anzi forse faccio anche un’opera di bene. Mettiamo il caso della signora Luisa. Da quando la frequento non va più per strada. Dice che la pensione di reversibilità e quello che le do io le basta per andare avanti e si contenta. A volte ci vado anche quando non ho voglia di sesso. Lei mi prepara due freselle col pomodoro, io mi guardo il telegiornale alla TV, gioco un pò con i nipoti (la figlia fa il turno di notte e lei glieli mantiene) e alle dieci me ne vado. Un grappino sotto casa e poi dritto a letto.
Eh sì, in tanti anni, mia moglie non mi è mai mancata.

di Ferdinando Gaeta

 

foto iniziale  di il Vanzo – tiny little pieces

 

 

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