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Credo
Io credo/credo di credere.
Penso di credere nel signore dio tuo
e nel signore ‘diobono’, credo certamente nel perdono
e nel condono, credo nei pensieri,
quelli belli, quelli snelli, credo nel
signore degli agnelli
credo pure negli ombrelli, cerchiati
limitati coniugati incatenati
credo nei
modelli, decuplicati e imbrigliati
in quelli malati di
morsi salati, abituati a sentire e mentire,
a morire, credo nello
starnutire, nel tossire
nelle convulsioni e nelle imprecazioni
io credo nel male che a volte (non sempre)
ti libera dall’ospedale;
ma, un momento (senza fretta)… per ora
io credo (ancora) nella signora
quella bionda che fionda e che incanta
che abita alla porta accanto, credo nelle
donne chiare, scure e a doppio malto, credo
nello smalto rosso fuoco vivo magenta
nella benevolenza e nell’indulgenza,
nel bene e nel male,
credo nell’ascensore che sale.
Credo nel male di vivere, di scrivere,
nel sole e nell’agrimensore,
nel sesso e nel fesso, nell’uomo,
dalla vita spento, quello che non sa e non mente
e che non vale niente;
credo nei piedi e nelle mani dei sani, credo
nel suicidio e nel litio,
credo nelle visioni, nelle apparizioni
nell’allegoria e nell’aporia,
credo in qualcosa che ho
visto finire.
Io credo di mentire.
Lo credo veramente
lo credo con la mente e se lo spiffero alla gente
lo faccio per un niente e poi, mica so’ fesso?
lo faccio pure per me stesso!
Intanto, nel profondo,
ti giuro, non credo neanche in quel muro!
Io non credo affatto (nel fatto) non vedo
nelle soglie e nelle voglie, non vedo chi sceglie
(né chi le scioglie), non sento ragioni
non credo nelle prigioni…in quel muro caduto
deceduto, che sta lì muto,
una volta amato e osannato, ora amaro…e perduto
non credo nel violino e nel concertino là sotto improvvisato, né
in quelli che battono le mani, sempre proni sempre
pronti, sempre infinitamente tonti.
Magari fossi il mio destino, cretino
o fossi ‘un’orripilante enciclopedia di cazzate incoglionate’
almeno sarei contento di somigliare all’amata
quella pornodiva maledetta, eretica erotica e caotica
che un anno lontano mi prese la mano, se la portò all’ano e
che strano, la lasciò cadere lontano, adombrata e orripilata
abbandonandomi nel bel mezzo della serata…
(che stronza!)…
di Francesco Di Lorenzo
.