Tunnel

Appena imboccò la galleria capì che qualcosa non andava. Davanti a lui, le macchine andavano esageratamente piano. Accese le luci di emergenza e cominciò a rallentare fino a che non si fermò del tutto. In lontananza si sentiva il sibilo lancinante di una sirena. L’ennesimo incidente. Quella galleria sulla tangenziale era maledetta. Lunga quasi un chilometro. Piena di curve. E tutti a correre come matti.

Dallo specchietto retrovisore vide  dietro di lui la fila di macchine  allungarsi sempre di più. Spense il motore. Chiuse lentamente i finestrini e si guardò intorno. Nella corsia accanto alla sua, una ragazza in una chevrolet rossa metallizzata armeggiava con la portiera: il vetro non ne voleva sapere di andare su.

Rimase un pò ad osservarla. Si trovavano giusto al centro della galleria e l’aria cominciava a diventare pesante nonostante gli estrattori.  A un certo punto lei afferrò il vetro con tutte e due le mani e lo tirò su, ma appena allentò la presa ricadde giù come la lama di una ghigliottina.  Sconsolata si lasciò andare sul sedile.

Lui, preso da uno strano impulso, scese dalla macchina e le si avvicinò.

– Ha bisogno di aiuto?

– Eh sì, grazie – rispose lei spalancando la portiera e scendendo a sua volta.

Lui cominciò ad armeggiare vicino all’interruttore del motorino ma capì presto che non c’era niente da fare: girava a vuoto. Comunque, per scrupolo, fece ancora qualche tentativo. Alzò il vetro con le mani e cercò di bloccarlo con un pò di carta, poi con un pezzo di legno e poi ancora con un elastico. Niente da fare. Dovette arrendersi.

– Mi dispiace – disse, – la cremagliera è rotta. Bisognerebbe smontare tutto il pannello…

– Accidenti, non ci voleva – fece lei spazientita.

– Si segga nella mia macchina, finchè non si sblocca il tunnel – disse lui gentile e, intanto, aveva aperto lo sportello spostandosi di lato come fanno i portieri dei grandi alberghi quando arrivano i clienti importanti.

Lei esitò un attimo poi sorrise ed entrò. Lui le richiuse delicatamente lo sportello, fece il giro intorno alla macchina ed andò a sedersi al posto di guida.

All’inizio nessuno dei due parlò. Erano imbarazzati. Lei però non potè fare a meno di notare l’ordine che c’era nell’abitacolo. Le piacevano gli uomini ordinati.  Lui invece, con la coda dell’occhio le guardò il ginocchio  che si intravedeva tra le pieghe del soprabito e immaginò che sarebbe stato bello andarla a prenderla e portarla al mare. Entrambi cominciarono a sognare.

Li trovarono così. Sereni. Con gli occhi che guardavano lontano…

di Ferdinando Gaeta

 

La foto è di twicepix

 

 

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