Amed e le galline

Quel giorno, chissà perché, gli vennero in mente le galline che razzolavano nell’aia del nonno. Andavano avanti e indietro e beccavano qualunque cosa gli capitasse a tiro. Aveva cinque o sei anni e passava da solo le lunghe mattinate in cui erano tutti a lavorare nei campi mentre lui stava a casa con la vecchia Farha e giocava con la terra e mangiava di nascosto il pane con l’olio.

Poi tutto era cambiato.

Al nonno avevano tolto casa, terra, galline e perfino il cane Amed. Erano stati costretti ad andare in un altro posto, fatto di case su case, in due stanze che davano su una stradina stretta e affollata.

Un giorno si sentirono delle grida, il nonno uscì fuori e vide una piccola folla intorno a un cane che abbaiava come un dannato. Era Amed.  Aveva una catena spezzata intorno al collo ed era tutto spelacchiato. Un  tizio cercava di colpirlo con un bastone.

«Fermi» gridò il nonno «è il mio cane».

L’uomo col bastone si fermò. Guardò per un lungo istante il cane.

«Fatelo passare» disse agli altri della strada «è uno di noi».

Ferdinando Gaeta

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