Selfie con l’autore: Gaetano Gravina

A destra, l'autore di "Animali Fragili"

A destra, l’autore di “Animali Fragili”

Incontriamo Gravina alla presentazione del suo secondo libro “Animali fragili”. È un bell’uomo, affascinante e con gli occhi ammaliatori. Subito suscita in noi un forte senso di gelosia. Gli facciamo per questo una delle nostre famose domande bastarde.

 

D. Perché hai scritto un altro libro? Non pensi di aver fatto già abbastanza danni con il primo?

R. Non si lasciano le cose a metà; se si decide di far danni allora che siano devastanti e numerosi. E farò altri danni.

 

D. Di cosa parla “Animali fragili”?

R. Napoli è una grande tana, dalla quale si ha spesso voglia di fuggire, per poi aver tanta voglia di tornare. E in questa tana succede “normalmente” di tutto, e ci può sembrare che sia colpa del caso. La fragilità sta proprio nella normalità dei personaggi, pronti a cogliere un’occasione, volgere una situazione a proprio vantaggio, semplificare e trarre benefici. Potrebbero essere “uomini senza qualità”, seppure il riferimento a Musil mal si addice per protagonisti fra il Vomero e l’interland della provincia napoletana. I nostri animali cercano dunque solo scorciatoie, ma i conti non si fanno solo in andata, anche al ritorno … Allora ecco che quella vicenda che ci sembrava la “svolta” si rivela essere un rischio, un pericolo; perché da noi è facile intersecare la malavita, senza neppure rendercene conto. Intendiamoci, c’è una trama (fatta di trame), ma lasciamola al vero protagonista: il lettore.

 

D. La Napoli del tuo romanzo è la stessa di “Un posto al sole?” ?

R. Il sole c’è, anche il posto. C’è pure il mare… No, con tutto il rispetto, il mio romanzo non è una soap.

 

 

D. Essendo napoletano, hai avuto problemi a scrivere in italiano?copertina_Gravina_Animali-fragili

R. Vero! Napoli è l’unica città che parla ancora la sua lingua, quella che impropriamente definiamo dialetto. Non conosco un solo napoletano, di qualunque ceto sociale, che nel corso di una giornata non pronunci frasi “dialettali”. Io, come tutti a Napoli, penso e mi esprimo (meglio) nella mia lingua. E che fatica tradurre in italiano senza perdere il ritmo, il colore e il gusto, della nostra lingua madre.

 

D. Il tuo primo libro “Alter Egon” è incentrato sulla figura del pittore austriaco Egon Schiele.  Perché hai voluto raccontare proprio di questo artista?

R. Schiele si adattava bene alla mia storia. Chiarisco: mi occorreva un artista non contemporaneo (ma protagonista dell’arte moderna), mito dei giovani pittori, e che avesse un vissuto forte. Un artista scomparso prematuramente; morire giovani lascia intatta la freschezza degli anni e alimenta il mito: dove sarebbe arrivato quell’artista se avesse avuto il tempo di manifestare tutto il suo talento? E dunque avevo poco da scegliere: o Amedeo Modigliani o Egon Schiele, simili per molti versi. Modigliani però era troppo scontato, conosciuto, celebrato. La sua vicenda è stata raccontata e romanzata tante volte. Di lui si sa tutto. Schiele, invece, è un artista ancora misterioso. Ha ancora tanto da rivelare.

 

 

copertina Alter EgonD. Cosa ha in comune Gaetano Gravina con Egon Schiele?

R. Attrezzatura: fogli, pennelli, colori e… un’incolmabile distanza.

 

D. Oltre ad essere un affermato grafico, sei sempre stato impegnato, fin dagli anni settanta, nei movimenti di avanguardia, a partire dalla rivista ”Nuovo Operativo”“Ué, fumetti immagini e attualità”. Quanti dei tuoi personaggi vengono da questo mondo?

R. Direi un po’ tutti. L’ombra dell’autore investe sempre i suoi personaggi, talvolta troppo. E i personaggi sono proiezioni, in molti casi evidenti: Luca, in Alter Egon, mi somiglia molto, e c’è molto di me in Enzo di Animali fragili.

 

D. Quando la casa editrice “Homo Scrivens” ha deciso di pubblicare i tuoi romanzi, cosa hai pensato? “Questi so’ pazzi…”?

R. Pazzi pericolosi! Poi, conosciuti meglio, ho pensato: tra pazzi ci si intende.

 

D. Cosa ti spinge a perdere il tempo a scrivere invece di andare a fare una salutare passeggiata o una bella partita a briscola con gli amici?

R. La noia. Pensate che noia una briscola con gli amici! Una passeggiata, poi, fa piacere a tutti, anche a chi scrive. E passeggiando si pensa meglio a cosa scrivere.

 

D. Un’ultima cosa: abbiamo dimenticato il portafogli a casa, puoi pagare tu il caffè?

R. A Napoli esiste (ancora in alcuni bar) il caffè sospeso: qualcuno paga un caffè per sé e un altro per chi ne avesse bisogno… e anche il gestore del bar alla domanda: “c’è un caffè per me”, seppure nessuno abbia provveduto, non ha il coraggio di negarlo, perché un caffè non si nega a nessuno. Passate pure per il bar Mexico a piazza Dante.

 

Lo faremo senz’altro (insieme ai nostri familiari). Grazie da tutto lo staff de “Il Candelaio

di Ferdinando Gaeta

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