Ricette per tutti i gusti

cookSentivamo tutti un urgente bisogno di ricette per salvare la scuola italiana. Una tra le altre, ma sembra significativa, ce la propone il sottosegretario all’Istruzione uscente Elena Ugolini. Già preside del liceo privato cattolico Malpighi di Bologna,  già chiamata, fin dal 2001,  dall’allora ministro Moratti  a collaborare con il Miur, ed esponente  romagnola di spicco di Comunione e Liberazione (equilibri si imposero?), ha dichiarato quanto segue: ‘per arrivare ad un salto di qualità della scuola italiana servono quattro leve: autonomia, valutazione, sostegno alle famiglie e nuova politica del personale’. Come dire – bazzecole. Poi,  la sottosegretaria ha avuto modo di precisare  che  le quattro leve vanno usate insieme, altrimenti  perdono efficacia.

Naturalmente, anche se le  leve sono quattro, dice in un’intervista, una di queste  può fare qualcosa in  più per  velocizzare la marcia.  Indovinate di quale leva si  parla? È  semplice, non ci vuole molto. Ecco le sue parole: “ Lo scopo del sistema pubblico è il miglioramento dell’offerta formativa. La strada per attuare tutto questo è fornire alle famiglie la possibilità di dedurre fiscalmente le spese in educazione”.  Insomma, parla del sistema  pubblico nel quale è inserita anche la scuola privata, quindi direttamente della legge 62 del 2000, quella sulla parità. E sul bussare ai soldi dello Stato per le private. Il solito ritornello di Formigoni e compagnia…la campagna elettorale è avviata.
Ma un piccolo dubbio viene spontaneo. La sottosegretaria non poteva, nell’anno e mezzo che è stata al governo, fare una trasgressione,  attivandosi con una sola delle leve da lei individuate per salvare le sorti della scuola italiana?  Che so, bastava concentrarsi sull’autonomia o sulla formazione in servizio degli insegnanti e si sarebbe portata avanti con il lavoro. Magari lasciando  la scuola in condizioni meno precarie?
2.
Mentre è ancora in ballo la delicata e  scandalosa   questione ‘esodati’,  arriva  la notizia che nella scuola ci sono un centinaio di ‘comandati’.  Sono, per chi non lo sapesse,  insegnanti che dovrebbero essere nella scuola, ma non ci sono. Sono spariti. Qualcuno li ha sviati verso altri lidi. Magari meno noiosi e più accoglienti. Dove si lavora meno. Presso enti o associazioni. Da quanto si sa (almeno questo) i distacchi o ‘comandi’ coprono tutto l’arco costituzionale, nel senso che i paracadutati non provengono né approdano ad un solo ambito politico. Con una prevalenza però verso le  associazioni di ‘matrice cattolica’.
Il finale senza sorprese è che queste persone vengono pagate  dal Ministero dell’istruzione, cioè vengono pagate dalla scuola,  per fare altro ad altri. Addirittura quando un’associazione, l’ADI (associazione docenti italiani),  ha chiesto l’elenco dei fortunati, poiché  non si può certo parlare di merito, il ministero si è rifiutato adducendo questioni di ‘privacy’. Qualcuno ha fatto notare che forse la privacy è un atto  dovuto per la poca trasparenza di questi comandi, da sempre terreno dissodato da ministri, sottosegretari e direttori generali.
Alcune  brevi considerazioni. A quanto pare, ciò che emerge da questa vicenda è che  il merito, tanto sbandierato,  è andato a farsi benedire in qualche luogo sconosciuto. E che oltretutto si tratta di una questione privata. Non parlando dello spreco (con tutti i suoi sottoparagrafi).
Si potrebbe obiettare sul numero esiguo dei coinvolti nella faccenda:  sono solo cento. A parte che come con gli ‘esodati’ i numeri possono anche mutare, che ormai non si più sicuri di niente. Ma fosse anche uno, di docenti comandati, si può chiedere qual è  il metodo della scelta? E che ne è stato del merito?  Solite domandine inevase.
Sul merito, però,  una fantasia la si può fare. È una semplice questione di privilegi? Di una mentalità dura a morire? Ma, no!
di Francesco Di Lorenzo
foto di SkÃ¥nska Matupplevelser
 
 
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