Perché?

– Perché vuoi scrivere questa storia?, – chiese Mara.

Luigi alzò lo sguardo dal suo enorme blocco degli appunti e guardò fuori dalla finestra verso monte San Guido dove la statale 168 bis lasciava definitivamente la pianura e cominciava ad inerpicarsi sui fianchi della montagna, sempre più su,  fino a perdere i connotati e a diventare quasi una mulattiera.

– Non so, – disse poi, quasi tra sé e sé.

– Un motivo si deve pur essere. Nessuno fa le cose così, per niente …

– Mi piace, che vuoi che ti dica.

– Non basta, ho bisogno di qualcosa di più.

Luigi rimase in silenzio. Si capiva che non sapeva rispondere.

– Dici che vuoi fare lo scrittore, – incalzò lei, – e non sai nemmeno perché scrivi?

Luigi si sentì pungere, come se qualcuno avesse rovistato nel suo comò e vi avesse trovato un paio di mutande sporche.

– Scrivo perché le storie vanno scritte e basta, – disse con una punta di risentimento, – le cose vanno fatte per se stesse e non per altri motivi.

– Così già va meglio, – sorrise Mara, – e dimmi: cosa ti attira in questa storia?

– Le atmosfere, i luoghi, le sensazioni … in una storia d’amore non contano né i protagonisti né la trama, e nemmeno i finali che, gira gira, sono sempre uguali. Importanti sono i posti, dico io. La strada bagnata dalla pioggia, il freddo che ti taglia la faccia mentre l’aspetti da due ore, il ristorantino di terz’ordine col vino scadente, la fermata del tram con la panchina di legno …

Mara guardava Luigi parlare estasiato e per un attimo si perse in quel fiume di parole.

All’improvviso si rivide con Massimo in quel monolocale che avevano preso in affitto i primi tempi che stavano insieme. La finestra con gli spifferi, il davanzale con la pianta di rosmarino, il cucinino. Sentì il calore del forno acceso, il sapore delle castagne calde. Per la prima volta, dopo tanto tempo, le tornavano in mente le cose belle di quella storia. Fino ad allora non c’era mai riuscita. Sì, a ripensarci adesso, era stata felice anche se non se n’era mai accorta.

di Ferdinando Gaeta

foto di quatipua

 

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