Penso positivo

Ero proprio furioso. Avevo perso il treno delle 18,40 per un minuto e adesso mi toccava aspettare più di un’ora prima che ne partisse un altro. Ero stanco, avevo fame e, soprattutto, volevo andare nel bagno. Sentivo la vescica premere contro la cintura dei pantaloni come se da un momento all’altro dovesse esplodere. Periodo di merda, pensai. Andava tutto storto:  avevo appena divorziato, ero pieno di debiti e lavoravo 14 ore al giorno. Tra affitti, bollette, mantenimento alla ex non potevo neanche permettermi un pasto decente. Mi veniva voglia di gridare e sfasciare qualcosa ma mi dominai, sapevo che se mi fossi fatto  prendere dalla rabbia avrei peggiorato la situazione. Cercai di pensare positivo. Forse in tutto quello che stava succedendo, compreso il treno che avevo perso,  c’era un senso.  Che so, legge del Karma o roba del genere, anche se in quel momento mi riusciva difficile trovare un qualsiasi perché.

Andai nel bagno.

Quando uscii  mi avviai verso il binario 9 con la speranza che ci fosse già il mio treno, quello che sarebbe partito dopo un’ora, almeno mi sarei seduto… Fortunatamente c’era ed era vuoto. Salii e mi scelsi un posto come piace a me: vicino al finestrino e nella stessa direzione di marcia del treno. Mi sedetti, chiusi gli occhi e mi addormentai. Quando mi svegliai la campagna sfrecciava a tutta velocità al di là del finestrino e il vagone era pieno di gente. Vicino a me s’era seduta una grassona che leggeva una rivista patinata e sgranocchiava popcorn a tutta forza. Mentre io dormivo s’era presa gran parte dello spazio, approfittando del fatto che aveva un culo enorme. Io allora mi agitai un pò sul sediolino e tossii un paio di volte per farle capire la situazione, ma lei niente. Che rabbia! Avrei preso quel sacchetto di popcorn e glielo avrei ficcato in un orecchio. Ma per l’ennesima volta decisi di non arrabbiarmi e di pensare positivo. Mi sarei sfogato prendendola un po’ in giro.

– E’ salita anche lei a Termini? -, le chiesi.

– Sì, all’ultimo momento.

– Ed è riuscita a trovare il posto?

– Sì, è stata una fortuna, se penso che avrei potuto stare in piedi tutto il viaggio… ho già le gambe che mi fanno un male tremendo.

– Eh, sarebbe stato un peccato… due così belle gambe… -, dissi subito io e, dentro di me, già ridevo.

La grassona invece si schiarì la gola imbarazzata ed arrossì. Mi sentii un po’ bastardo ma la gioia di aver trovato un modo  divertente per far passare il tempo mi fece dimenticare le regole della buona educazione.

Adesso  però lei si era voltata da un’altra parte e non mi guardava nemmeno, forse aveva capito e s’era offesa. Eh no, pensai, troppo presto. Dovevo trovare qualcosa per riattaccare bottone. Mi ricordai allora di avere due cioccolatini in tasca. Li presi e gliene offrii uno col ripieno di torroncino. Lei lo guardò  un attimo indecisa, come se stesse per fare un peccato mortale, ma poi lo agguantò e se lo mise in bocca. Era fatta. Piano piano si sciolse, esattamente come si scioglieva la cioccolata che aveva in bocca. Cominciò a parlare. All’inzio del tempo e delle ferrovie ma dopo tre fermate già sapevo tutto della sua vita: si chiamava Mariaclara  (tutto attaccato tenne a precisare perché quando era nata l’impiegato all’anagrafe aveva sbagliato a scrivere), faceva la parrucchiera e fino a sei anni prima era stata magra come un’acciuga… Io ogni tanto la guardavo negli occhi e mi facevo più vicino. Lei arrossiva e io mi divertivo come un matto. A un certo punto rimanemmo soli nello scompartimento e io, approfittando di una galleria, le misi una mano tra le cosce. Mi aspettavo uno schiaffo o qualcosa del genere. Invece la grassona cominciò a dimenarsi come una pazza e a mugolare. Poi prese anche  lei a toccarmi …

Adesso io e Mariaclara viviamo insieme. Doveva essere per qualche settimana, fino a quando io non avessi trovato una sistemazione decente ed invece è da più di un anno che sto a casa sua. Sì lo so, non mi hanno mai attirato le donne grasse ma, che devo dirvi? mi piace la sera trovarla tra i fornelli con quel suo faccione che quando mi vede s’illumina come un albero di natale. Mi mette allegria. E poi è bello vederla affaccendarsi per casa e sentirla cantare a squarciagola mentre fa il bucato. Ogni tanto nell’intimità la chiamo “culona”. Lei fa finta di arrabbiarsi e dice che sono un cafone. Allora cominciamo  fare le lotte sul letto e dopo un po’, immancabilmente, finiamo tutti e due per terra a ridere come deficienti.

Per fortuna nell’appartamento sotto al nostro abitano due vecchi. Tutti e due sordi.

di Ferdinando Gaeta

foto di mastrobiggo

.

Be Sociable, Share!
Questa voce è stata pubblicata in Amore e contrassegnata con , , , , . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *