Parità scolastica : una storia lunga tre anni

parte seconda

papa_woitylaMa cominciano subito i dissidi. Il ministro dell’Ambiente Edo Ronchi dichiara che, pur non avendo votato contro, a lui la legge sulla parità scolastica non piace. È una questione che attiene alla Costituzione, dice. C’è l’articolo 33 nel quale si dice che le scuole non statali non possono essere finanziate dallo Stato. Se si vuole farlo perché i tempi sono cambiati, allora si faccia una modifica. Ma attraverso un nuovo patto sociale che aggiorni quello che ci fu all’epoca della Costituzione.

La chiesa intanto non molla.

Il cardinale di Milano, Carlo Maria Martini, durante un convegno su ‘Le scuole cattoliche e la parità’, chiede al ministro Berlinguer un’accelerazione dell’iter della legge. Una corsia preferenziale, perché, spiega:

La parità non è un favore fatto ai cattolici ma una garanzia per tutti, solo così ci sarà vera democrazia e libertà”.

 

Berlinguer prontamente risponde che solleciterà l’avvio dell’iter parlamentare per arrivare finalmente alla legge.

In questo scorcio di 1997 le posizioni, su questo punto, si delineano. Il pressing sul ministro, da parte dei fautori della parità, è costante. Come del resto il contrasto attuato dagli oppositori della legge.

Intanto, se a febbraio Papa Woityla aveva sollecitato la legge, ora, ad ottobre, scende di nuovo in campo. Lo fa per ri-sollecitare e ‘prontamente’, usa questa parola, l’attuazione di quello che nella legge è stato delineato.

 

È un passaggio importante. Su questa materia così delicata per due volte interviene addirittura Sua Santità. Berlinguer conscio dell’autorevolezza dell’intervento e del rispetto che merita, risponde al Papa con una lettera privata. Lo rivela ad una riunione di presidi che chiedono più soldi per la scuola pubblica. Il ministro precisa che nella lettera ha ricordato al pontefice che la stragrande maggioranza degli studenti cattolici frequenta le scuole pubbliche. E che c’è bisogno quindi di farsi carico di tutta l’istruzione, non solo di quella cattolica.

 

La legge intanto è ferma in commissione al Senato, ma già Rifondazione Comunista dice che non ci sta. Anzi, i suoi esponenti invitano il ministro a cercarsi i voti dell’opposizione perché loro voteranno contro. Sulle modalità del finanziamento, l’onorevole Buttiglione, che nella vicende è sempre puntualmente intervenuto, dice che il ministro si è svenduto a Rifondazione. A questo punto il ministro, infastidito, chiede se interessa una legge sulla parità scolastica o se si vuole solo giocare al rialzo.

Ma non è tutto.

Già in precedenza Berlinguer aveva detto che l’unità di tutte le forze di governo su questa tematica era importante per il buon esito finale. Ma lo sfaldamento è evidente. Franco Marini del Ppi presenta autonomamente un emendamento alla finanziaria chiedendo più soldi per la scuola cattolica. Dopo questa iniziativa partono una serie di bordate e di interpretazioni: il Partito Popolare su questo tema si potrebbe alleare con Ccd, Cdu e forzisti per creare una maggioranza diversa sulla legge. Berlinguer è categorico, non ci sta.

“Se vogliono fare la vecchia DC sulla pelle della scuola hanno sbagliato indirizzo”,

dice risoluto. Intanto fa finta di non sapere che era stato proprio Bertinotti, del suo governo, a sollecitare una soluzione del genere.

 

Maggioranze trasversali e parità. Gli appelli alla laicità seppure fatti da personaggi e intellettuali di assoluto rilievo, restano solo appelli. Bisogna evitare le guerre di religione e stare più calmi e sereni, dice il ministro.

Tutti a parole sono d’accordo, ma nei fatti la situazione è difficile da gestire. Una volta i cattolici avevano la Democrazia Cristiana come partito di riferimento, ed era un solo partito. Adesso di DC ce ne sono tante. La maggioranza trasversale che si è messa insieme per far passare alla camera la legge sulla procreazione assistita (contro l’uso del seme di un donatore estraneo alla coppia, contro la fecondazione eterologa) ha visto votare congiuntamente Polo, Lega, Ppi, Udeur e Rinnovamento Italiano. Berlinguer ha paura che sulla parità si formi lo stesso schieramento. E lancia appelli ad evitare ogni integralismo sia di destra che di sinistra.

Al contrario, i vescovi chiedono anche sulla parità, a tutti i cattolici, dovunque essi siano, lo stesso impegno dimostrato sulla fecondazione. Nicola Mancino, ex democristiano doc, presidente del Senato, dice di condividere l’appello di Berlinguer perché anche lui ha visto in giro troppo integralismo. Ma poi, da vero democristiano, non prende posizioni sulla fecondazione e conclude dicendo:

Non vedo perché scandalizzarsi di fronte ad un preciso orientamento espresso da oltre la metà dei deputati”.

 

Alla fine, dice ancora, che sulla parità scolastica ci dovrà essere ‘pacatezza nella discussione’. Il che, è tutto dire.

Ma andiamo con ordine.

Prima e dopo l’apertura delle scuole a settembre, ci sono molte cose che accadono e non di poco conto. La lunga marcia di avvicinamento alla sospirata legge sulla parità scolastica conosce impennate e frenate, polemiche preventive e successive mediazioni. Il ministro prima di arrivare alla discussione in senato del disegno di legge, prevista per il 20 luglio, cerca un accordo anticipato con la maggioranza. È evidente che non vorrebbe sorprese in questa fase. Dopo tre ore di discussioni si arriva ad una mezza intesa. L’osso duro è Buttiglione del Cdu. Lui non è d’accordo. Anzi, dichiara che la permanenza nel governo del Cdu è legata alla legge sulla parità. Buttiglione non vuole una legge confusa che faccia passare il diritto allo studio da garantire a chiunque, con una ‘vera’ legge sulla parità tra scuole statali e scuole cattoliche. Dice di aver capito che queste sono le intenzioni, ascoltando vari esponenti della maggioranza. Ed è molto, molto diffidente. Poi, fa un ulteriore affondo:

“O la legge viene cambiata, rafforzando le agevolazioni per chi si iscrive alle private, oppure verrà meno il nostro sostegno al governo”.

 

In una successiva riunione di maggioranza viene proposto un emendamento alla legge sottoscritto da tutti ad eccezione dell’Udc.

Buttiglione non si presenta neanche.

 

L’accordo finale prevede l’istituzione di un sistema nazionale di istruzione costituito dalle scuole statali e dalle scuole private. Stabilisce un sistema di regole per le scuole paritarie. Assegna per il diritto allo studio finanziamenti di pari importo per gli studenti, indipendentemente dalla scuola frequentata, dando priorità alle famiglie economicamente svantaggiate. Prevede un cospicuo sostegno alla scuola per l’infanzia nella prospettiva della sua generalizzazione e ulteriore qualificazione.
Intanto, in un vertice informale, che si tiene nella sede del gruppo del Ppi a Palazzo Madama, i contrasti vengono allo scoperto. Ma Buttiglione abbandona l’incontro in segno di protesta per il “no” del governo alla sua proposta. Quella di differenziare gli importi delle borse di studio tra gli alunni delle scuole statali e quelli delle parificate, a vantaggio di queste ultime.

Diversità di opinione anche nel gruppo di Rinnovamento italiano, che però alla fine si pronuncia per il “sì”. Loro dicono di essere in attesa dell’iter parlamentare. Controlleranno se tutte le forze saranno fedeli all’accordo, o se si formerà – come su altri temi, esempio la fecondazione assistita – una maggioranza trasversale cattolica. Che è quello che si augurano.

Alla fine, al Senato si fa un altro piccolo passo avanti, dice il ministro. La legge viene approvata. A favore ha votato la maggioranza. Contro il Polo, la Lega Nord, Rifondazione Comunista e Cdu. Contraria anche la vice presidente del Senato ed esponente dei Ds, Ersilia Salvato.

Ora la legge deve ritornare alla camera.

 

Il Papa. Il Papa, si è visto, è intervenuto più volte sulla parità manifestando tutta la sua scontentezza per come procede l’iter legislativo. Ogni occasione è buona. Per esempio, mentre riceve il nuovo ambasciatore italiano presso la Santa Sede trova il modo per chiedere, evidentemente attraverso di lui,

rispetto e sostegno mediante l’effettiva parità giuridica ed economica tra scuole statali e non statali, superando coraggiosamente incomprensioni e settarismi’.

E, contemporaneamente, vantando la genialità creativa delle scuole create dai religiosi.

Sabato 27 ottobre 1999. A conclusione dell’Assemblea della CEI, ci sono 200mila persone riunite a Piazza San Pietro. Sul palco le maggiori autorità del paese. Il Papa pronuncia le stesse parole chiedendo l’affettiva parità giuridica ed economica delle scuole statali e non statali. Parte un applauso che dura cinque minuti cronometrati. E durante questo tempo la folla, ritmando il battimani, grida “Parità! Parità!” e “Libertà! Libertà!”.

Il vice presidente del consiglio Mattarella e il ministro Berlinguer, presenti sul palco e precedentemente per questo ringraziati dal Papa, per un po’ battono anche loro le mani. Chi però partecipa con entusiasmo all’ovazione, alzandosi in piedi, sono gli altri politici presenti: Berlusconi, Fini, Casini, Buttiglione, Mastella e Castagnetti.

Il Papa, nel corso del suo intervento, fa rilevare che per il ritardo nell’attuazione della parità, molti prestigiosi istituti religiosi sono stati costretti a chiudere. Questo perché le famiglie non riescono a pagare l’onere aggiuntivo della scelta di una scuola privata. E ciò, ha ribadito, mentre in Europa c’è sempre più attenzione verso le scuole non statali.

Giovanni Paolo II auspica un netto recupero delle scuole religiose. Sarebbe strano, ha continuato, che proprio in Italia, che per tradizione cultura e storia deve assolvere al compito della presenza cristiana nel continente europeo, si indebolisca un pilastro come la scuola cattolica. Insomma, il ragionamento, dal punto di vista del papa, non fa una piega. E il cardinale Ruini, nel ringraziarlo al termine dell’assemblea, ribadisce:

Vostra Santità ha così contribuito in maniera straordinaria a quel mutamento di clima culturale che si sta producendo anche in Italia, sebbene non ne siano sufficientemente maturi i frutti sul terreno legislativo e amministrativo”.

Evidentemente Il cardinale Ruini parlava di mutamento del clima guardando la piazza. E alla grande prova di forza che la Chiesa è stata in grado di dare. Piazza San Pietro, piazza Pio XII e via della Conciliazione occupate dal popolo chiamato e accorso da tutta Italia. Un popolo fatto di genitori, bambini, insegnanti e religiosi. Le voci sono unanimi. Mai così tanta gente in piazza per chiedere libertà di educazione per tutti. Qualcuno dice che per la beatificazione di Padre Pio c’era meno gente. Gli istituti religiosi che hanno chiuso o stanno per chiudere, hanno stretto le fila. Suor Ida, che insegna in una scuola romana, dice:

Siamo qui per far vedere all’Italia e a questo governo che la scuola cattolica è una grande realtà”.

E altri:

Siamo qui per far vedere a questo governo che la scuola cattolica è una realtà di cui si deve per forza tener conto”.

C’è tutta la penisola riunita, i cartelli degli istituti son lì a testimoniarlo. E gli slogan sono significativi: “No allo Sato educatore” e “Libertà = Parità”.

Parità e cicli: il punto. Inizio 2000. La legge sulla parità e la riforma dei cicli stanno per concludere il loro iter parlamentare.

Sono trascorsi solo cinque mesi dalla presentazione della proposta di legge quadro sulla riforma dei cicli scolastici (i due anni e mezzo precedenti erano stati spesi per l’elaborazione, la messa a punto e la discussione infinita).

Ai primi di febbraio passa definitivamente la legge. Dopo il “sì” delle Camera, anche il Senato, con 146 voti a favore e 65 contrari, approva la riforma. Al momento della votazione il gruppo Ccd per protesta ha abbandonato l’aula.

Tutto come previsto: ci sarà un primo ciclo di sette anni e un secondo ciclo di cinque. L’enfasi è giustificata. A 77 anni dalla riforma Gentile la scuola si avvia a una profonda fase di cambiamenti. La riforma, dice il ministro, partirà nel 2001, ma prima il governo presenterà al parlamento un programma quinquennale di attuazione progressiva. E, una volta esaminato, si appresterà ad approvare i regolamenti che daranno vita alla riforma.

L’opposizione, insieme alla Cisl, batte sul nervo scoperto della scomparsa delle scuola media.

 

* È vero, non è una cosa di poco conto riorganizzare otto anni in sette, mettere insieme nello stesso ciclo gli insegnanti laureati e i maestri, da sempre considerati con sufficienza dai colleghi. Lo si vede già nella difficile convivenza che hanno tutti i giorni professori e maestri negli istituti comprensivi. Quegli istituti che da qualche anno, per effetto del dimensionamento delle scuole, mettono sotto la stessa direzione scuole materne, elementari e medie.

 

Intanto si va, non si sa dove, ma si va. [Per meglio dire] ‘si aspetta’. Si aspettano chiarimenti.

Settembre 2001 è ancora lontano.

 

(La legge di riforma dei cicli non partirà mai. Nel giugno 2001 il nuovo governo Berlusconi, come promesso, con uno dei primi provvedimenti la bloccherà per farla poi scomparire definitivamente.)

 

Fatta anche la ‘parità’. Il 2 marzo 2000, alle ore 12.31, con 231 voti a favore, 160 contrari e 4 astenuti, la parità scolastica è legge dello Stato.

Hanno votato contro: Forza Italia, Alleanza nazionale, Ccd, Cdu, Lega Nord, Rifondazione Comunista e due rappresentanti dei Verdi. A favore, i partiti del centrosinistra insieme allo Sdi.

Da oggi le scuole pubbliche e private fanno parte del Sistema nazionale d’istruzione. Alle scuole paritarie private viene assicurata

piena libertà di indirizzo pedagogico e didattico, ma devono improntare l’insegnamento ai principi di libertà stabiliti dalla Costituzione”.

Per diventare paritarie le scuola private devono sottostare ad alcune regole.  Non possono, in soldoni, fare proselitismo. Devono avere strutture adeguate ai compiti didattici, istituire organi collegiali di studenti e genitori, garantire l’accesso a chiunque e anche ai disabili. Inoltre, disporre di insegnanti abilitati e a cui applicare il contratto collettivo di lavoro. E infine, accettare il controllo del Servizio nazionale di valutazione dell’istruzione (che deve ancora partire). In termini economici si avranno maggiori stanziamenti per le materne e le elementari paritarie, rispettivamente 280 e 60 miliardi. Per gli altri istituti non sono previsti finanziamenti ma borse di studio per gli alunni e detrazioni fiscali per le famiglie.

La mina vagante della parità è arrivata in porto. Nei primi anni sessanta, il minimo accenno di dare libertà di scelta alle famiglie sul tipo di scuola pubblica o privata, portò alle dimissioni il governo presieduto da Aldo Moro. Luigi Berlinguer, invece, ci è riuscito.

Dopo la cocente sconfitta sul concorsone/concorsaccio, per Berlinguer sembra arrivato un raggio di sole. Quando intenso e riscaldante non si sa. La Cei, conferenza episcopale italiana, fa sapere che è stata approvata una legge incompiuta e ambigua. Per i vescovi, se le scuole cattoliche sono riconosciute come pubblico servizio, devono anche avere il pubblico finanziamento completo. E auspicano che la legge sia solo una tappa per giungere all’effettiva parità giuridica ed economica delle loro scuole.

Il Ppi è moderatamente soddisfatto. L’opposizione tuona contro l’ambiguità della legge che non è stato possibile modificare con degli emendamenti. Perché, dicono, in aula è stata presentata blindata ed inamovibile. Le associazioni delle famiglie delle scuole cattoliche sono insoddisfatte e pronte a dare battaglia. Se la prendono con i partiti di centro che non sono stati capaci di mettersi insieme per approvare una legge migliore. I Cobas fanno sapere che è stata scritta una pagina nerissima della scuola e della società italiana. Alla Cgil, fatta salva qualche critica, si dichiarano soddisfatti.

Passa solo un mese e in aprile cade il governo D’Alema. Il ministro Luigi Berlinguer esce di scena. il nuovo governo Amato che giurerà il 25 aprile del 2000, avrà come ministro dell’istruzione il professor Tullio De Mauro. Ma questa è un’altra storia.

di Francesco Di Lorenzo

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