Montale e  Kraus: a domanda non rispondono

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C’è una poesia di Karl Kraus che  è del 1933, pubblicata su uno degli ultimi numeri della rivista ‘Die Fackel’, il titolo è Non si chieda, ed è questa:

 

 Non si chieda cosa ho fatto in  tutto questo tempo.

Resterei muto;

e non direi perché.

E c’è un silenzio da far esplodere la terra.

Neanche una parola che abbia colpito;

si parla solamente nel sonno.

E si sogna di un sole che rideva.

Svanisce;

il dopo non ha più importanza.

La parola si è spenta, quando quel tempo si è svegliato.

 

 

Esattamente dieci anni prima,  Montale scrive questa poesia:

Non chiederci la parola che squadri da ogni lato

l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco

lo dichiari e risplenda come un croco

perduto in mezzo a un polveroso prato.

 

Ah l’uomo che se ne va sicuro,

agli altri ed a se stesso amico,

e l’ombra sua non cura che la canicola

stampa sopra uno scalcinato muro!

 

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,

sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.

Codesto solo oggi possiamo dirti,

ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

 

Si tratta dell’ arcinota Non chiederci la parola, del 1923, in un  periodo,   come si sa,  contrassegnato  dall’ascesa al potere  del fascismo.

montaleSingolare o meno che sia, due intellettuali nei loro rispettivi paesi, all’apparire di un orizzonte politico sociale poco chiaro, ma,  ai loro  occhi chiarissimo, al minimo accenno di regime e di mancanza di libertà, sentono il bisogno di esprimere attraverso dei versi il loro stato d’animo,  che,  in qualche modo,  coincide non solo in senso generale, ma anche nella maniera in cui viene  manifestato.

Karl Kraus, scrittore satirico  viennese,  all’epoca si esprimeva  sull’attualità essenzialmente attraverso la rivista ‘Die Fackel’, da lui diretta e pubblicata. Egli è considerato nel mondo culturale di lingua tedesca ‘il Grande Odiatore, censore della banalità e della manipolazione, fustigatore del giornalismo dozzinale’. E pure,  quando Hitler all’inizio del 1933 prende il potere con un colpo di stato, tutti si attendono che Kraus prenda posizione, gli si rivolga contro con tutto il suo acume critico, la sua sferzante satira, attraverso la condanna o almeno  lo scherno. Ma niente di tutto questo avviene. Da parte di Kraus c’è solo silenzio. (Naturalmente dopo si saprà che Kraus stava scrivendo un libro molto lungo il cui estratto, dal titolo ‘Perché Die Fackel non esce’, fu pubblicato nel 1934, mentre il libro intero ‘La terza notte di Valpurga’ uscirà solo postumo).

Intanto,  il silenzio di Kraus  sembra proprio un atto dovuto, perché  la questione è seria.  Egli sente che non può usare lo stesso tono furibondo, le stesse parole forti e caustiche che ha usato per tutti gli intellettuali e per tutti i giornalisti dell’epoca, come se fosse la stessa cosa. Goebbels, Goring e Hitler, presagisce Kraus,  sono gente diversa. Molti abituali estimatori che si attendono una presa di posizione contro ciò che sta avvenendo, lo abbandoneranno.  Poi, finalmente,  nove mesi dopo la presa di potere di Hitler,  esce un numero esiguo ed isolato  della rivista ‘Die Fackel’. È  di sole quattro pagine, ci sono due articoli di varia natura e la poesia Non si chieda.

Montale scrive nel 1923 la poesia Non chiederci la parola.

Sono tre quartine di versi liberi in cui si trova la cifra esatta della sua contrapposizione netta al fascismo, alla sua ascesa al potere. È  la contrapposizione ad un  regime politico che vuole e pretende di avere il monopolio della verità e di possedere certezze inoppugnabili.

A tutto ciò il poeta risponde con il dubbio e con un ‘quasi silenzio’, concedendo solamente qualche ‘sillaba imprecisa e secca come un ramo’.

La poesia che fa parte della raccolta Ossi di seppia, fu pubblicata due anni dopo,  nel 1925,  nelle edizioni  di Rivoluzione liberale di Piero Gobetti. E questo la dice lunga sulla posizione e sul significato  che tali versi intendono svolgere.  Essi costituirono per molti una lezione etica. Per Montale  è inutile illudersi,   bisogna rifiutare con decisione i falsi miti che il fascismo sta costruendo. C’è in atto una crisi che investe tutto e tutti: uomini, poesia e storia, e a questo si può contrapporre solo il rifiuto di farsi coinvolgere.

Singolare è invece la coincidenza delle date delle due poesie. Sono state scritte a dieci anni esatti di distanza, ma a  pochi mesi  dalla presa di potere del fascismo in Italia e del Nazismo in Germania. Si dirà, sensibilità intellettuale? Capacità di avere la percezione precisa del tempo in cui si vive? Certamente, ma in fondo non c’è in questo niente di eccezionale. Eccezionale forse il modo in cui i due grandi intellettuali hanno espresso in forma lirica il proprio disagio facendone il disagio di tutti gli uomini.

Unica differenza è l’età degli autori dei versi. Montale quando scrive Non chiederci la parola ha solo 27 anni, deve ancora trovare il suo posto nel mondo, deve ancora pubblicare il suo primo libro di poesie.

Kraus, invece, quando scrive Non si chieda  ha quasi sessant’anni, è un intellettuale amato, riverito e temuto,  nonché  seguitissimo da un folto pubblico. È stimato da intellettuali come Brecht e Benjamin, letto e seguito anche da Freud.

Ancora una differenza da annotare: Kraus ‘non entrò mai nel novero dei grandi poeti lirici tedeschi’, tranne quando scrisse questa poesia, ‘di gran lunga la sua poesia migliore’. Montale, dal canto suo, quando scrive Non chiederci la parola, ha ancora davanti a sé una carriera poetica che si dimostrerà  eccezionale.

Resta singolare che i primi versi delle due poesie siano quasi sovrapponibili, sia  nella scelta delle parole che nei concetti che esprimono. Senza contare tutto il resto.

di Francesco Di Lorenzo

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