L’ultima parola

centurioneLui aveva una parola per rovesciare il mondo, ma il mondo sta con le mani in tasca. Non ti aspetta né ti corre dietro. Sta là e basta. Il mondo se ne frega di te. Di parole che avrebbero dovuto rovesciarlo ne ha sentite talmente tante da averne le tasche piene. A cominciare dai babilonesi e dagli egizi. Pensavano di essere immortali, costruivano monumenti giganteschi e dove stanno ora? Tutti sotto terra. Cibo per vermi. Nel migliore dei casi, materiale per archeologi in carriera.

Gesù lo sapeva bene. Lui però non era come gli altri. Una parola per rovesciare il mondo ce l’aveva sul serio.  Appena l’avrebbe pronunciata si sarebbe verificata una catastrofe inimmaginabile.  Qualcosa di mostruoso e immenso da far tremare i polsi al solo pensiero. Altro che diluvio universale.

 

– Signore, dobbiamo scappare,- disse Pietro sottovoce, – stanno arrivano i soldati romani.

– Scappa tu. Mettiti in salvo, non pensare a me.

– No Signore, non potrei mai lasciarti solo – disse il fedele apostolo, – al massimo esco fuori a fare la guardia così ti avverto in caso di pericolo.

Prese tutte le sue cose, le mise in un sacco e si avviò verso la porta. Prima di richiuderla alle sue spalle guardò Gesù e gli disse: “ è stato bello conoscerti.”

Gesù non rispose. Sapeva bene che non lo avrebbe più rivisto. L’unica cosa che gli dispiaceva era che il suo amato discepolo, distrattamente, aveva messo nel sacco molte delle sue cose. Ma non disse niente. A lui non era concesso incazzarsi. Qualcosa però la poteva fare. Uscì fuori raccolse una pietra e gliela tirò  dietro la testa.

– Signore che fai? – gridò dolorante l’altro.

– Pietro, con questa pietra costruisci la mia chiesa- disse serafico Gesù. Poi rientrò nella sua umile casa e si sedette davanti al focolare.

Arrivarono i soldati.

– Sei tu Gesù di Nazareth?- chiese il centurione.

– No, io sono di Betlemme- mentì lui.

– Non fare il furbo con me.

– Che gli dei mi tramutino in polvere se non dico la verità.

– Anche giuramenti falsi, bravo- disse ironico Flavio Massimo, centurione a contratto nella decima Legione Romana. Si voltò verso i due soldati ch’erano con lui e con aria autoritaria disse: “Prendetelo”.

I due marcantoni afferrarono il Messia, gli misero i ferri ai polsi, una catena al piede sinistro e lo trascinarono in strada.

– Non ho fatto niente-  gridava Gesù, – state commettendo un errore di persona.

– Stai zitto, ti hanno visto vendere l’acqua al posto del vino… e non hai fatto neanche lo scontrino fiscale…

– Erano tutti ubriachi, volevano altro vino e per non farli ubriacare ancora di più gli ho dato l’acqua. Che posso farci se loro me l’hanno voluta pagare al prezzo del vino?

– Povero cocco. Sei sempre innocente tu, vero? E di quel cieco a cui hai ridato le vista, che mi dici?

– E’ un mio amico, c’eravamo mesi d’accordo

– Non dire eresie. Messenzio Auricola è cieco dalla nascita. Abbiamo i documenti.

– Per l’INPS è cieco ma al Circo Massimo ha guidato le bighe per vent’anni.

Flavio Massimo non rispose. Sapeva bene quanto Gesù fosse bravo nella retorica.  In ogni modo ormai era inutile discutere. Finalmente l’aveva preso e tra una chiacchiera e l’altra erano arrivati al Golgota. Fece un cenno ai soldati e in men che non si dica Gesù si ritrovò inchiodato sulla croce. Il centurione lo guardò beffardo.

– Dilla adesso la parola per rovesciare il mondo, grand’uomo.

Gesù lo guardò fisso negli occhi. Senza paura. Con sfida.

Un tenebroso silenzio avvolse il sacro monte del Golgota.

Tutti pendevano dalle sue labbra.

 

– Vaffanculo – disse alla fine.

Fiero.

 

di Ferdinando Gaeta

foto di Manel

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