La mia prima volta che mi sono sentita vecchia me la ricordo ancora. Avevo trentadue anni. Mi sono guardata nello specchio e mi sono accorta del tempo che passava. Così, all’improvviso. Proprio il primo giorno di lavoro. Quello vero. Perché io di lavori ne avevo fatti tanti. Dopo la laurea e la specializzazione ero stata per anni volontaria al Policlinico e per mantenermi avevo fatto mille lavoretti in nero, sottopagati, in orari impossibili, senza diritti… poi la botta di culo, il concorso vinto. Ero una strutturata, finalmente. Con tutti i diritti, compresa la mensa e il permesso per entrare nel parcheggio. Quel giorno avevo coronato un sogno inseguito per anni. Anni di sacrifici incredibili. Ma mi guardavo nello specchio e non ero contenta. Mi vedevo tutti i difetti. La pancia, i fianchi larghi, le smagliature, le piccole rughe intorno alla bocca. Luigi diceva ch’ero bella ma era da tempo che non gli credevo più. Luigi, il mio punto fermo. Compagno di pizze, di pantaloni difettati comprati nel mercatino rionale, di sesso rubato nella macchina del cugino… Ora potevamo sposarci così mia madre avrebbe finito di rompere. Eppure non ero contenta.
La sera prima ero stata dalla Gina, la mia estetista. Ci conosciamo da una vita. Lei mi tratta come un’amica. Tra noi non ci sono formalità. A un certo punto aveva squillato il suo telefonino. Scusa, m’aveva detto, aspetto una telefonata importante. Io avevo fatto un cenno della testa come a dire: ma sì, non ti preoccupare. Lei s’era messa dietro a un paravento. Parlava a voce bassa ma io sentivo tutto. Quando tornò aveva l’aria felice. Per un momento la invidiai. Poi, per distrarmi, cominciai a pensare a tutte le cose che sapevo. Cose che la maggior parte delle persone ne ignora perfino l’esistenza: gli acidi nucleici, i nucleotidi, le topoisomerasi… e mi sentii meglio ma me ne andai da lì con un po’ di malinconia. Quando Luigi mi telefonò e mi disse che quella sera non poteva uscire fui contenta. Avevo bisogno di stare da sola.
di Ferdinando Gaeta
foto di Fotos Gov/Ba
