Immobili ombre

Una recensione in 500 parole

Rosaria Rizzo, Immobili ombre, Homo Scrivens, Napoli, 2015

immobili ombreImmobili Ombre, il romanzo scritto da  Rosaria Rizzo, ha molte qualità.  È il  racconto di una vicenda  intrigante e dolorosa che si dipana su due linee  costruite sapientemente,  e che – seppur  parallele – spesso e volentieri si intersecano.

Una delle linee parte dall’attualità, dal presente, e si collega, richiamandolo, ad un passato fatto di radici più o meno  dimenticate, o che forse sono state rimosse e messe a tacere. La seconda linea è invece  legata essenzialmente al passato, ai ricordi, o meglio, a personaggi ed episodi  vissuti in una dimensione primitiva, arcaica, che riporta alla luce  aspetti di natura drammatica. L’autrice chiama ‘intermezzi’ questa sorta di ricostruzione storica, ma alla fine, tali intermezzi  diventano  l’ossatura che regge tutta la costruzione del romanzo. Il linguaggio è essenziale, quasi scarno, depurato da ogni velleità ironica o scherzosa,  pur essendo non privo di sottigliezze e allusioni,  come quando  nel ‘prologo’, la protagonista, parlando di sé, dice:  ‘Entravo e uscivo, noiosamente, dal mio profilo Facebook per controllare la consistenza del mondo, e provavo un piacevole disgusto a scoprire la superficialità che regnava sulle schermate inafferrabili di vite meravigliose, postate con vanto. Io non mi vantavo di niente e non mi sentivo affatto meravigliosa …’.  Che vale come una  carta di identità utile e definire, nella protagonista, una donna forte e decisa a vivere le sue solitudini interiori senza farne manifesti di eccezionalità  o occasioni di piagnistei.

La vicenda narrata nel romanzo è  legata al ritorno, dopo trent’anni,  nel paesino d’origine della protagonista che,  con la sua presenza, fa scoprire pian piano, portandoli alla luce,  aspetti e problemi che erano rimasti in sospeso. Tutto parte dal ritrovamento, in aperta campagna, di una tomba con inciso solo il nome di una donna e una data. Tutta la ricostruzione, dovuta  soprattutto alla stranezza del ritrovamento – una tomba fuori dal cimitero –  viene fatta con l’ausilio di un professore del posto. La collaborazione  mette a nudo un mondo che ha il sapore, e non solo,  di altri tempi. Viene fuori  una storia di miseria, di violenza e di sopraffazione,  legata ad  un mondo contadino che (menomale) ha perso ogni velleità di riscatto o di presenza. Ma tutto questo non basta e  per riannodare tutti i fili in sospeso,  viene in aiuto   un personaggio che colloca nel loro giusto  posto  i tasselli di una storia  violenta e cruda e perciò volutamente dimenticata. Resta invece comunque impresso, e reso bene nella scrittura,  il sostrato di una comunità che reca il sigillo della sopraffazione e dell’intrigo,  essenzialmente i sintomi di una arretratezza senza scampo.

Alla fine si capirà  come le due linee del racconto si uniscono finalmente in una sintesi perfetta. Le due vite – quella della protagonista e quella della donna della tomba-, hanno avuto in comune lo stesso destino  vissuto però con esiti diversi. Essenziale è che la protagonista,  imponendosi con le sue scelte,  ha  operato  nella realtà  un vero riscatto sociale e culturale, una  emancipazione mentale che l’ha portata ad essere la vera donna che è. Le vicende umane raccontate nel romanzo sono accompagnate, rese fruibili,  da un  linguaggio sorprendente nella sua essenzialità, mai ostentato,  sempre veloce,  libero e chiaro.

Buona lettura!

di Francesco Di Lorenzo

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