Il gatto nero

La professoressa Giuliana Della Vecchia era insegnate di matematica. Laureata con 110 e lode, prima al concorso a cattedra del 97, membra onoraria del  locale  Comitato delle Scienze, era precisa e razionale e non credeva a nulla che non potesse essere dimostrato col metodo scientifico. Eppure, quando vide che il gatto nero stava per attraversarle la strada, si fermò di botto e, senza dare nell’occhio, tornò indietro sui suoi passi.

Un gatto nero nella vita l’aveva già avuto e le bastava. Era successo tanti anni prima. Quand’era giovane e non era ancora la cariatide, come la chiamavano di nascosto i suoi studenti. Aveva compiuto 24 anni da poco e stava andando a un appuntamento con lui, Giacomo, il grande amore della sua vita. Quel giorno aveva messo per la prima volta un vestitino blu con i fiori gialli. Correva perché era in ritardo e il gatto, quel maledetto gatto nero, le si era parato davanti e le aveva sbarrato  la strada. Per un attimo si guardarono negli occhi. Sentì una specie di paura. Il gatto non si muoveva e lei, se non voleva farsi attraversare  la strada, doveva fare il giro di tutto l’isolato. Altri dieci minuti buoni. Avrebbe fatto ancora più tardi all’appuntamento e forse lui se ne sarebbe andato. Non poteva permetterselo.  In fondo, si disse, le cose che si raccontano sui gatti neri sono tutte sciocchezze, superstizioni, retaggio di una cultura obsoleta.  Fece un respiro profondò e andò avanti.

Ancora oggi, nei suoi lunghi e solitari pomeriggi, ci pensa. Se non fosse stato per quel maledetto gatto nero. Forse, chissà, Giacomo sarebbe ancora con lei…

di Ferdinando Gaeta

foto di Adhi Rachdian

 

 


 

 

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