Domani, alle cinque precise…

Don Calogero poggiò lentamente il bicchierino di rosolio sul tavolino stile ottocento e si lisciò i folti baffi bianchi.

– Non doveva succedere, – disse piano.

– Eppure è successo,- disse l’onorevole, – la zona è assegnata a me e loro non ci dovevano andare. E’ contro ogni regola.

Il vecchio boss non rispose. Alzò lentamente la testa e guardò verso la finestra come a voler ascoltare meglio le grida del piccolo Calogero che giocava in giardino. Da quando era morto il figlio, quello era l’unico essere umano per cui nutriva una specie di sentimento.

– E’ contro ogni regola, – ripetè l’onorevole.

– Le regole le faccio io, – disse freddo il boss, – e la prima regola è quella di non parlare troppo.

– Ma io volevo solo farvi sapere …

– Sapevo già tutto,- disse don Calogero. Riprese il bicchierino, sorseggiò un po’ di rosolio e continuò: – So sempre tutto, prima ancora che accada. Quello che è successo, doveva succedere … era previsto, calcolato.

– Allora io cosa devo fare?- chiese con soggezione l’onorevole.

– Niente. Adesso ve ne andate a casa e vi fate una bella dormita. Domani, alle cinque precise, prendete la vostra signora e la portate a prendere un bel gelato nella pasticceria del Corso. Così vi vedranno tutti e nessuno vi potrà accusare quando i due infami e le loro famiglie salteranno in aria.

– Ho capito, – disse serio l’onorevole. Si alzò e gli baciò le mani. Mentre lo faceva sentì un brivido lungo la schiena.

Il boss prese il campanello poggiato sul tavolino e lo fece suonare due volte. Subito apparve il fidato Cosimo con la sua aria compassata.

– Accompagna l’onorevole, – gli disse.

Poi, come se niente fosse, riprese a sorseggiare il suo rosolio.

 

di Ferdinando Gaeta

 

foto iniziale di joluka

 

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