Martina se ne tornava a casa dal lavoro di commessa come ogni sera. Salì sull’autobus e si sedette accanto al finestrino, c’era un posto libero. Le fermate per casa sua erano tante, doveva arrivare al capolinea e poi a piedi ancora qualche strada della periferia solitaria per giungerci. Si perse con gli occhi nei neon delle insegne illuminate, nei riflessi dei fari delle macchine ferme nel traffico cittadino. Pensava al suo Dario, a quando sabato l’avrebbe rivisto. Gli voleva raccontare il momento esatto, all’altezza di quale negozio l’aveva pensato così intensamente. Poi le macchine si fecero più rade e pure le insegne e le luci. Lei però non cambiò umore, Dario le teneva compagnia, il pensiero delle cose che avrebbe voluto dirgli era così forte e gioioso che nulla poteva distrarla. Neanche quei due, certo dei tipi poco raccomandabili, che la tenevano d’occhio e che appena lei scese la seguirono a breve distanza. Appena due isolati, le luci meno intense e nessuno per strada, e la presero, mano alla bocca e braccia intrecciate dietro. La trascinarono dietro il muretto della stradina che si perdeva in un campo abbandonato. Le strinsero un fazzoletto alla bocca e insieme fecero tutto quello che passò loro per la testa. La lasciarono insanguinata lì a terra.
di Francesco Di Lorenzo
foto di Alejandro_Cortés