Allarmi giustificati

Senza voler essere allarmisti a tutti i costi, ma le notizie che si leggono ultimamente sulla scuola sono sconcertanti. Del prossimo concorso  “Fuoriregistro”  parla con regolarità, portando a conoscenza di chi vuole  le istanze dei precari, della parte più esposta, più ricattabile e  assolutamente meno garantita della scuola italiana.

Ma si leggono altre cose che a sentirle non si prova neanche più rabbia. Si prova  qualcosa che non si sa come definire e che va oltre la rabbia.

Sono notizie anche piccole, non amplificate a dovere, che però danno la misura di quello che sta accadendo. La prima: in un articolo del decreto sviluppo che il governo sta per presentare,  si parla di sostituire gli insegnanti con un computer nelle zone dove ci sono pochi alunni. Facendo apparire questa scelta come innovazione tecnologica. Sarà pure una novità (tecnologica già meno), ma diciamolo con chiarezza, è soprattutto una scelta che porta con sé deprivazione culturale,  sociale e psicologica. Pensate,  nelle piccole isole e nei comuni montani, gruppetti di alunni che ascoltano la lezione da uno schermo. Cosa c’è di più triste? No grazie, la televisione già  basta!   Non aggiungiamo deprivazioni a chi già soffre altri tipi di deprivazioni, prendendocela sempre con i più deboli e i meno garantiti. L’innovazione tecnologica, quella vera, aumenta l’offerta formativa,  non copre i tagli millantando qualcosa che non c’è. Insomma,  si ripropone  il vecchio tema di chi usa la televisione come baby-sitter perché non vuole problemi, e chi invece interagisce con le tecnologie coinvolgendo le persone. La scuola avrebbe un compito più nobile che lasciare gruppi di bambini soli davanti ad uno schermo. Non vi pare?

Collegata in qualche modo a questa,  c’è la notizia, uscita su un settimanale nazionale, che in Danimarca è stata costruita una nuova scuola in cui non ci sono più le aule, ma spazi aperti che gli alunni possono usare e riempire per fare ricerche individuali e di gruppo  e per comunicare con gli altri. Lì, in questo caso,  veramente il concetto di innovazione tecnologica è a sostegno degli alunni. E gli insegnanti non sono spariti. Anzi, sono quelli che coordinano gli spostamenti e che ogni due ore fanno il punto della situazione dopo essersi riuniti in gruppo tutti insieme.  Beh, sembra oggettivamente diverso: loro hanno spazi aperti e insegnanti disponibili, noi invece spazi angusti, isolamento e solitudine degli studenti. Ed è una situazione che i nostri studenti non meritano.

Poi, tanto per continuare con le notizie sconcertanti, si apprende che in provincia di Padova una famiglia non ha potuto iscrivere il proprio figlio all’ultimo anno di scuola.  Il papà è stato licenziato e la mamma aveva già perso il lavoro: il risultato è che non hanno più i soldi per i libri e neanche per l’abbonamento dell’autobus. Il ragazzo, bravissimo a scuola, avrebbe dovuto frequentare l’ultimo anno dell’istituto per geometri. Il giornale parla di nuovi casi di abbandono e conseguente dispersione dovuti alla crisi economica, una casistica finora sconosciuta.

Dopo l’uscita sui giornali della notizia c’è stata la corsa all’aiuto. In poche ore si sono raccolti i soldi necessari sia per l’iscrizione,  sia per i libri,  sia per l’abbonamento all’autobus. E questo è bello. Ma quanti altri ci sono come lui?

Sembra evidente che a questo punto dovrebbero vergognarsi tutti coloro che  nella scuola parlano a sproposito di merito,   e si riempiono la bocca con parole vuote, sorvolando con faciloneria sulle indigenze vere di una parte della popolazione.

di Francesco Di Lorenzo

 

foto di zoovroo

 

 

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